Il Re della Macchia: Il Brigante Tiburzi

Personaggi di Maremma
IL RE DELLA MACCHIA: IL BRIGANTE TIBURZI

La notte tra il 23 ed 24 Ottobre 1896 muore, ucciso dal fuoco dei Carabinieri, Domenico Tiburzi  detto “Domenichino”. Finisce così l’epopea di uno dei personaggi più mitizzati e controversi che la Maremma abbia mai partorito.
La sua fama, nella Maremma di fine ottocento completamente immersa nel fenomeno del brigantaggio, diventò ben presto leggenda e le gesta del “Brigante Tiburzi”, ampiamente romanzate e impreziosite di aneddoti, diventarono la linfa necessaria alla creazione di un personaggio talmente noto e temuto da far arrivare il suo nome sino ai giorni nostri.

La Maremma ottocentesca fu terra di briganti per dei motivi facilmente riscontrabili ovvero la totale assenza dello stato centrale, la popolazione mediamente povera e sfruttata che vedeva nel brigante la figura che poteva rimediare ai tanti torti subiti sia dai rappresentanti del governo che dai possidenti del luogo, un territorio aspro e paludoso circondato da una macchia fitta ideale per il rifugio dei briganti e, non ultimo, la benevolenza dei proprietari terrieri che pagando il pizzo si sentivano al sicuro dalle tante diatribe che spesso sfociavano in violenze e ritorsioni tra le famiglie maremmane.
La popolarità del Domenichino crebbe in una escalation di violenza fatta di omicidi e regolamenti di conti. Sotto i colpi di fucile del brigante caddero, negli anni, carabinieri e guardie, fattori invisi al nostro e briganti in perenne lotta tra di loro. Il Tiburzi inoltre difese sempre un suo particolare codice d’onore punendo chi maltrattava le donne e chi abusava dei contadini diventando ben presto, anche grazie ad aiuti di ogni genere verso la popolazione più povera, un vero e proprio eroe del quale narrare le gesta la sera di fronte al caminetto.

Negli anni il Domenichino riuscì a costruire una fitta rete di amici, simpatizzanti e collaboratori che lo rendevano praticamente irraggiungibile da parte delle forze dell’ordine.
Le cose cambiarono drasticamente nel 1893 quando il governo presieduto da Giolitti dichiarò guerra al brigantaggio inviando in Maremma un alto numero di carabinieri e provocando la cattura di oltre 150 briganti. L’arresto successivo di molti confidenti e fiancheggiatori distrusse la solida rete costruita negli anni dai briganti e dal Tiburzi in particolare sino ad arrivare alla notte della sua uccisione tramite uno scontro a fuoco.
Alla morte del brigante molti furono gli atti di stima da parte della popolazione che si batté principalmente perché avesse degna sepoltura in memoria degli atti benevoli compiuti verso le genti di Maremma.

Non è facile capire che cosa abbia fatto scattare l’idillio tra i Maremmani e quest’uomo ambiguo, pluriomicida e violento ma, di sicuro, il Tiburzi rappresenta ancora oggi il personaggio con tante macchie e nessuna paura che si nominò difensore delle giustizia e che per decenni lottò, nel bene e nel male, più dalla parte dei poveracci che da quella dei signori dell’epoca.

A.M.

maremmatoscana2017