MAREMMA AMARA original folk song

Tutti mi dicon Maremma, Maremma…
Ma a me mi pare una Maremma amara.
L’uccello che ci va perde la penna
Io c’ho perduto una persona cara.
Sia maledetta Maremma Maremma
sia maledetta Maremma e chi l’ama.
Sempre mi trema ‘l cor quando ci vai
Perché ho paura che non torni mai.

 

“MAREMMA AMARA” risale ai primi dell’800 ed è, forse, la canzone folk Toscana più famosa nel mondo e sicuramente detiene questo primato per quanto riguarda le canzoni maremmane.

Il suo testo, di un emozionalità disperata, ricorda le terre di Maremma come luogo oscuro e selvaggio, come inferno in terra per le flotte di proletari che ci lavoravano, luoghi di malaria dove neanche i volatili riuscivano ad uscire indenni.

La particolarità di questa canzone è che, relativamente giovane ed assolutamente non conciliante con le terre che decanta, rappresenta ancora oggi le radici di questo territorio che nasce come territorio ostile anche per i suoi abitanti e che fa di questa connotazione “maudit” la rappresentazione del “curioso, bisbetico e ‘gnorante “ carattere dei Maremmani.

Fatta conoscere al grande pubblico dalla musicologa e folk singer Caterina Bueno (per chi non lo conosce si procuri il suo album: “Canti di Maremma e d’Anarchia”), è stata poi interpretata da Nada, da sola e con gli Avion Travel, Gianna Nannini, Riccardo Marasco, Ginevra Di Marco, dai Gufi, da Maria Carta e da un’icona della musica popolare d’autore come Amalia Rodrigues (la regina del fado Portoghese). Una menzione affettiva va alla rivisitazione in chiave post p-folk dei Del Sangre.

Due sole strofe, narranti lavoro e morte.

E’, in primo luogo, una desolata canzone d’amore cantata da una moglie, da una fidanzata, da un’amante del lavoratore andato a morire di malaria in una terra che pare spennare anche gli uccelli in volo.

E’ una canzone che parla dell’alternativa tra il morire di fame e il morire di malaria, per farla breve.

Oggi “Maremma Amara” è motivo di vanto e canto di appartenenza per chi si sente Maremmano, per chi ama ciò che ha rappresentato e rappresenta questa terra, sempre sfortunata e sfruttata, ma che ha mantenuto, almeno sino ad oggi, una dignità ed una schiettezza figlie di quelle genti, di quelle mogli e di quei poveracci che dentro le Paludi e la malaria hanno sacrificato la loro esistenza.

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